Nella capitale abita un autore che merita di essere tenuto d’occhio, ma avendo il peccato originale di essere uno scrittore di genere e non di narrativa mainstream, è un po’ ghettizzato, non è abbastanza conosciuto.
Il suo nome? Andrea Franco, ed è presente su Wikipedia non perché è nato nello stesso giorno di Orlando Bloom. Il fatto che sia coetaneo del noto autore britannico, non c’entra molto, ma è solo per dare colore alla notizia.
Vediamo come ha risposto alle domande.
Parlami del tuo percorso di scrittore.
Non è possibile rispondere sinteticamente a questa domanda, perché il percorso è stato lungo, è iniziato tantissimi anni fa. Oserei dire che è iniziato circa quarantatré anni fa, quando all’asilo chiesi di imparare a leggere. Ecco, uno scrittore inizia dalla lettura. Pochi mesi dopo iniziai a studiare il pianoforte e avevo forse sei o sette anni quando composi le prime canzoni. Oggi ho quarantotto anni e ricordo alcune tappe di questo lungo viaggio: un raccontino scritto al secondo anno delle superiori (“Il migliore”), corretto con gentilezza dal un docente di filosofia; i primi racconti che ho vinto o che mi hanno visto in buoni piazzamenti (Telescopio, un evento locale, col raccontino “Tre semplici sconosciuti” e il Neropremio con “La buonanotte del demone”). In mezzo tantissime letture, tanta curiosità, tanta emulazione che poi con gli anni ha trovato una via personale, tanti errori, tanto studio, la tecnica, lo stile, altre letture, spaziando tra tanti generi: fantascienza, fantasy, avventura, gialli, thriller, storici, mainstream. Tanti fumetti, su tutti Dylan Dog che ho amato tantissimo e che ho perso un po’ con la sciagurata gestione Recchioni, e Dago. Poi le prime pubblicazioni con racconti che si erano ben piazzati a dei concorsi, parlo dei primissimi anni del secolo (fa effetto dirla così, adesso). E il 2009 anno importante, con una buona pubblicazione con Delos Books e il primo contratto con Mondadori. Ancora studio, perfezionamento, ancora tanti libri letti, confronti, testardaggine. Il 2013 anno importantissimo con due romanzi usciti con Mondadori, le prime pubblicazioni davvero importanti. Leggo e scrivo da sempre. Continuerò a farlo. A prescindere da contratti, editori, fortuna. Perché le parole e la musica sono il mio mondo, e senza non posso stare.
Qual è la pubblicazione a cui sei più affezionato? E quella che è più popolare fra i tuoi lettori?
Tutte domande facili, vero? Be’, ce ne sono diverse. Senza dubbio la vittoria al Premio Tedeschi del 2013 con il romanzo “L’odore del peccato” è fondamentale. Ma provo molto affetto per “1849: guerra, delitti, passione”, anche se uscito solo in digitale e senza troppa fortuna. Forse, per conoscermi meglio, un lettore dovrebbe leggere “Negli occhi di Hanya” (Delos Books), uscito qualche anno prima anche col titolo “Senza preavviso” (Mondoscrittura). Sicuramente la serie di
Verzi e la serie El Asesino (Rey Molina – Segretissimo Mondadori) sono le pubblicazioni più popolari.
Cosa stai scrivendo è quali sono i tuoi progetti futuri?
Ultimamente mi sto dedicando a romanzi non di genere, o con aspetti legati a thriller psicologici. Vorrei seguire questa strada, parallelamente ai lavori teatrali. Forse, dico forse, anche finire un romanzo di fantascienza rimasto fermo agli ultimi capitoli. Vedremo. Il mio sogno, quando avevo quindici anni, era Urania, vincere il premio. Magari è ancora possibile. Nel mentre, attendo di sapere se qualche editore crede nel mio ultimo romanzo. Poi vi dirò.
Kenji Albani
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