Home

  • Carlo Nesti: “Io e la Nazionale”

    Carlo Nesti: “Io e la Nazionale”

    Cronologia dei telecronisti Rai della Nazionale di calcio. In principio fu la radio, e da essa venne Nicolò Carosio, a cui seguì Nando Martellini. Con questi ebbe fine l’Antico Regno dei marconiani e con Bruno Pizzul, ex calciatore, iniziò l’era dei cronisti già formati per lo schermo. Da Pizzul a Rimedio, passando per Cerqueti-Bizzotto, Civoli e ancora Bizzotto praticamente la televisione di Stato, per le partite dell’Italia, non attinse mai più alla radio, se non nel periodo 2010-2012, quando cantore delle gesta azzurre divenne Bruno Gentili: e quello fu il Nuovo Regno dei marconiani. Ma c’era in realtà un altro giornalista con una solida scuola radiofonica alle spalle che, sin dal ritiro di Pizzul, aspettava la sospirata “convocazione” in Nazionale. Non che non fosse  già nel giro televisivo azzurro, anzi: Carlo Nesti, torinese cresciuto a Tuttosport, trottando tra un Processo del lunedì, una Domenica sportiva, un Novantesimo minuto  e un Tutto il calcio minuto per minuto dal ’91 era diventato il telecronista ufficiale dell’Under 21 di Maldini, magnifica nelle sorti progressive dei suoi campioni, come quella di Vicini, ma anche più vincente. E quanto più vincente! Nesti smise di accompagnare con la voce gli azzurrini proprio in quel 2002 in cui si apriva la successione a Pizzul, dopo essersi goduto le vittorie in serie agli Europei di categoria nel 1992, 1994 e 1996. Se occorreva un telecronista per la Nazionale A dotato di apposito stellone – a Pizzul, simpaticissimo e coltissimo, gliene fosse andata una buona! – Nesti poteva essere davvero l’uomo giusto. Anche per un altro motivo, non da poco: aveva dalla sua un tratto stilistico inconfondibile. Se Carosio è passato alla storia per la capacità di adattare in italiano l’inglese del football, Martellini per la maestria nel trasmettere pathos maxima cum misura e Pizzul – oltre che per le digressioni culturali – per il tormentone “Tutto molto bello”, Nesti poteva calare l’asso del saluto urbi et orbi, “Appassionati di calcio buonasera”. Il Filogamo del rettangolo verde, però (non dimentichiamoci che Carlo sa il fatto suo anche in materia di testi musicali), al pari di tanti “suoi” campioni come Morfeo, Buso, Carbone, Marcolin, Amoruso, Pecchia, Muzzi non farà mai il salto dall’Under 21 all’Italia maggiore. Perché? 

    E allora Carlo, cosa successe dopo quel convulsissimo dopo-Pizzul?

    Della mia successione a Pizzul parlavano i giornali nell’estate del 2002, all’indomani dei Mondiali in Corea-Giappone (non memorabili per gli azzurri, e ricordati solo per l’arbitraggio-scandalo di Byron Moreno). Nella classifica dei telecronisti – mai resa nota da nessuna parte, si trattava di un’informazione riservata che circolava all’interno di Raisport – ci trovavamo in testa, alla pari, Cerqueti e io.  L’arrivo di un nuovo direttore, proprio in quel periodo, rivoluzionò la graduatoria: all’orizzonte si profilava il varo di una staffetta Cerqueti-Bizzotto, e intanto io venivo retrocesso da numero 1 a numero 5. Appresi tutto questo dalla stampa, e nessuno mi spiegò mai il motivo di questo “sconvolgimento”.

    Il pensionamento di Pizzul rappresentò anche un cambio di stile da parte della Rai nella translatio imperii in cabina di commento: non più gestioni lunghe – quasi fino alla pensione, potremmo dire – ma interregni di durata piuttosto variabile.

    Esattamente. Dalle origini fino al ’70 avemmo Carosio, dal ’70 all’86 Martellini (da Messico a Messico), dall’86 al 2002 Pizzul. Anche se, dei tre, il solo Pizzul concluse il proprio servizio serenamente (Carosio, com’è noto, dovette abbandonare i microfoni per un incidente “diplomatico” mentre Martellini fu messo fuorigioco da un problema di salute), quel che è certo è che, per più di quarant’anni, nessuno mise in dubbio lo schema del telecronista permanente. Tutto cambiò dopo l’addio di Pizzul: a partire dal 2002 gli avvicendamenti si susseguirono con ritmo frenetico, con cadenza quasi biennale. Stoicamente, appassionato dei tele-racconti calcistici qual ero, rimasi in Rai fino al 2010, nel tentativo di rimontare posizioni, per così dire, e cercare di riprendermi quello che, con tutta evidenza, mi ero guadagnato. Non ci riuscii, dunque presi cappello e salutai.

    Qual è il tuo modello di telecronista, Carlo?

    Si tratta di un giornalista il cui nome, ahimè, probabilmente dirà poco o nulla alle nuove generazioni: sto parlando di Giuseppe Albertini, che per la televisione svizzero-italiana commentava non solo le partite di calcio, ma anche l’hockey su ghiaccio e lo sci. Imparai ad apprezzarne la misura, l’accuratezza nel linguaggio, il ritmo, la padronanza vocale nell’edizione del 1970 del Mondiale di calcio: la Rai, infatti, gli affidò la copertura di uno dei quattro gironi del primo turno. Ebbi, poi, modo di conoscerlo personalmente alle porte di una grande tragedia, il giorno prima della strage dell’Heysel (la sanguinosa cornice della finale di Coppa Campioni 1985 tra Liverpool e Juventus, ndr): era già molto anziano, si trovava lì per fare una delle ultime telecronache della sua carriera. Gli strinsi la mano e gli dissi che per me era stato sempre il n. 1.

    Martellini diceva che, a proposito dei telecronisti, si possono individuare due scuole: quella sudamericana, fondata sull’estrema enfasi e sul gusto dei toni clamorosi, e quella anglosassone, asciutta e misurata. Martellini prediligeva quest’ultima perché era la stessa seguita, più o meno, dal suo maestro Carosio, mentre diffidava dal voler emulare la scuola sudamericana, che avrebbe reso il telecronista un forzato dell’entusiasmo, e quindi poco naturale e anche poco credibile. Sei sempre stato anche tu dello stesso parere?

    Personalmente credo che nelle partite tra una squadra italiana e una squadra straniera una ragionevole dose di partigianeria si possa anche accettare; cosa che, invece, non ritengo possibile nei match tra due squadre italiane. Non credo, poi, che urlare in continuazione trasmetta più entusiasmo. Proprio Martellini ci ha insegnato che si possono comunicare emozioni rimanendo calmi “sul pezzo”. Bisognerebbe essere “sudamericani” quando è veramente necessario, nel corso di una partita. Ma direi anche che sarebbe meglio esserlo nelle partite in cui vale veramente la pena esserlo: se dai il massimo dei decibel in Monza-Empoli, cosa dovrai o potrai inventarti qualora ti tocchi commentare una finale mondiale? Posso capire che per le tv commerciali le partite, al pari degli altri programmi, siano prodotti “da vendere”, ma lo si può fare anche senza alzare il volume al massimo per 90’ su 90.

    Cosa pensi veramente della doppia voce (giornalista + opinionista) nelle telecronache? Martellini era contrario anche a questo. 

    A questo proposito ho un’idea che esterno già da molto tempo. Come Martellini e come anche Pizzul ritengo che la partita debba essere narrata da una sola voce. Questo perché la partita ha una sua “sacralità”, come la televisione: tu non puoi parlare continuamente in tv come fossi alla radio. Invece è necessario lasciare allo spettatore quegli attimi di silenzio necessari, ad esempio, a godersi gli effetti dello stadio o a concedere un po’ di riposo all’orecchio. A parte questo, una coppia dovrebbe essere estremamente collaudata e affiatata: altrimenti si rischia quella situazione antipaticissima in cui magari uno si attarda nell’analisi dell’azione-gol che si è appena conclusa e l’altro gli si sovrappone per non bucare un’altra eventuale occasione sotto rete maturata nel frattempo.

    Credo che la soluzione ottimale sia un solo cronista in cabina e due bordocampisti nei pressi delle due panchine: aumenta l’interesse degli spettatori creare l’attesa per una sostituzione che appare imminente o documentare la tensione in campo semplicemente dando voce ai richiami e alle indicazioni delle panchine. Opinionisti ed ex calciatori e allenatori dovrebbero lavorare prima e dopo la partita e nell’intervallo tra un tempo e l’altro. Alla Rai rimprovero di aver seguito troppo pedestremente i modelli della tv commerciale: ricordo però che fu pioniera nella sperimentazione della telecronaca affidata a una coppia di giornalisti, e in questa sperimentazione fui coinvolto io stesso. Grazie a questa formula posso vantarmi di aver co-raccontato con Pizzul la finale dei Mondiali del ’94: essa ebbe però vita breve, stroncata da certi organi di stampa che al tempo erano impegnati a far guerra al modello Rai dell’informazione sportiva.      

    Quali i tuoi ricordi più belli da telecronista della Nazionale (soprattutto Under 21)?

    In Rai il mio chiodo fisso sono sempre state le radio-telecronache. Se devo essere sincero, per i miei gusti personali la radio mi ha sempre affascinato più della televisione. A un certo punto, però, dovendo scegliere, scelsi la seconda: a quel tempo la Rai trasmetteva tutte le coppe e le partite della nazionale e aveva l’esclusiva sulle immagini del campionato. Che mondo di larghe possibilità e di grandissime prospettive! Se sfoglio il mio album di ricordi da telecronista uno dei capitoli che mi sta più a cuore è senza dubbio la Nazionale Under 21: 1992, 1994, 1996, per ben tre volte ho toccato il cielo con un dito! Mi ritengo molto fortunato. L’Under 21 è stata una specie di seconda famiglia per me. Il rapporto che si era creato tra la squadra e noi giornalisti è, nel calcio blindatissimo di oggi,  per molti aspetti impensabile. C’era un gruppetto di sette-otto giornalisti che seguiva la squadra in ogni trasferta e ne condivideva umori e speranze, in un clima di estrema, cordiale complicità. Staff tecnico e giocatori erano molto accoglienti nei confronti di noi che dovevamo raccontarne le gesta, apertissimi: l’Under 21, una squadra  popolare, ben voluta dai giornalisti e… vincente. Si può esserlo anche con la stampa a favore, sì; dovrebbero impararlo molti dirigenti e allenatori di oggi, convinti al contrario che erigere un muro di incomunicabilità tra i loro giocatori e l’esterno garantisca migliori risultati.

    Molti dei temi che abbiamo trattato in questa conversazione con Carlo sono già stati ampiamente sviluppati da lui sul suo giornale online, Nesti Channel, raggiungibile a questo link:  https://www.facebook.com/NestiChannel. Attualmente Carlo è molto attivo anche su YouTube; il suo canale è  https://www.youtube.com/user/NestiChannel.

    Gianluca Vivacqua

  • Francesco Faraoni: “Il cielo stellato sopra di me e la legge stellare dentro di me”

    Francesco Faraoni: “Il cielo stellato sopra di me e la legge stellare dentro di me”

    Riproponiamo in forma aggiornata l’intervista all’astrologo Francesco Faraoni, pubblicata in prima versione sul nostro magazine nel giugno 2022.

    Al popolo del web Francesco Faraoni è noto soprattutto per il canale YouTube attualmente denominato ASTROLOGIA TRADIZIONALE che, creato il 21 aprile 2013, può contare a oggi oltre 23.000 iscritti e oltre 5.196.721 visualizzazioni.  L’astrologia è certamente una materia molto frequentata sulla principale piattaforma video della rete: si va dai tarocchi alle astro-star passando per i bollettini  in stile meteo, le sessioni di programmazione neuro-zodiacale  e le diagnosi da studio medico. In mezzo a cotanto panorama, lo scopo del canale di Francesco sarebbe quello di fare scienza pur non disdegnando il grande gioco delle previsioni periodiche: divulgare astrologia, cioè, nel momento stesso in cui la si pratica a beneficio degli ascoltatori.  

    Romano, laureato in Tecnico Biomedico alla Sapienza, Francesco scopre la sua vocazione per le stelle a partire dagli anni 2000, grazie allo studio dell’Astrologia Morpurghiana. Si è poi dedicato all’Astrologia moderna secondo la visione di André Barbault. Dal 2015, sospinto dalla passione per la filosofia naturale e la dottrina aristotelica, si occupa dello studio delle fonti antiche e della valorizzazione dei contenuti della dottrina, attraverso la ricerca delle fonti. È consulente in astrologia presso la piattaforma di Kang Italia. Cura il sito blog astrologiatradizionale.it, una raccolta di osservazioni, citazioni, e riflessioni legate alla letteratura astrologica antica, proponendo di tanto in tanto laboratori e gruppi di studio, anche con autorevoli collaborazioni.

    Recentemente ha pubblicato il testo “Astrologia elettiva medica e meteorologica, Trattato del 1567: Osservazioni de astrologia et altre appartenenze Battista de Ruberti”. Si tratta di un commento a un’opera minore di astrologia realizzata da Battista de Ruberti: un trattato del 1567 dedicato a Isabella Medici. In esso l’autore raccoglie informazioni generiche sulla iatromatematica e sulle mutazioni dell’aria e del tempo, secondo i criteri dell’astronomia e dell’astrologia. Siamo sotto papa Pio V, al tempo della Santa Inquisizione: l’astrologia medica e metereologica sembrano le uniche branche astrologiche tollerate. Ruberti espone nella sua opera i principi di base su cui nascono certi giudizi legati alla salute delle persone e ai cambiamenti del tempo. E la propone a Isabella Medici Orsini, famosa mecenatessa, cercando di ingraziarsi il suo favore ma soprattutto la sua protezione. Francesco ha tradotto il trattato di Ruberti in un italiano corrente, arricchendolo di commenti astrologici, grazie all’ausilio di più fonti di autori precedenti: il suo intento è principalmente quello di render giustizia a un’opera e un autore poco noti nel panorama dell’astrologia del XVI secolo. Ha condotto inoltre una serie di ricerche negli Archivi Storici di Firenze, più in particolare nel Carteggio di Cosimo I, per restituire consistenza storica alla figura di Battista de Ruberti oltre che la genesi dell’opera da lui analizzata. 


    Francesco, in tempi antichi l’astrologia si insegnava a scuola, essendo una delle sette arti liberali. Oggi invece come si diventa astrologi?

    Spiegare il fenomeno culturale che ruota attorno all’Astrologia non è affatto semplice. Prima di tutto, dovremmo chiederci se sia nata prima l’Astrologia o l’Astronomia. L’osservazione del cielo, dei fenomeni luminosi, lo studio dei moti planetari, del sorgere e tramontare del Sole, della Luna e degli altri astri visibili a occhio nudo costituiscono la prima evidenza storica tramandataci dalle fonti più antiche. L’Astronomia antica era molto diversa da quella moderna, poiché si concentrava esclusivamente sui fenomeni osservabili senza strumenti ottici. Si trattava, dunque, dello studio della meccanica celeste di una porzione specifica del cielo: l’astronomia di posizione, la stessa ancora oggi utilizzata nella navigazione e nota anche come astronomia nautica, è l’astronomia alla base del metodo astrologico.

    L’Astrologia, in quanto metodo, non può essere ridotta a una dottrina occulta o esoterica, ma rientra piuttosto tra le discipline umanistiche e naturalistiche. Attraverso i suoi paradigmi, essa cerca di decifrare la natura celeste in connessione con i moti terrestri, traendo da questa relazione analogie e informazioni. Personalmente ho scelto di seguire percorsi di Astrologia Tradizionale anglosassoni e americani; attualmente sto seguendo le esperienze del ricercatore Luis Ribeiro nella sua Academy of Traditional Astrology, trovando in questo autorevole studioso quell’idea di astrologia che ho sempre coltivato e amato, l’Astrologia del XV – XVII secolo, con approcci ed esperienze proposte d che aiutano a comprendere il metodo astrologico nei suoi principi tradizionali.

    Oggi lo studio dell’Astrologia ha una dimensione internazionale. Anche in Italia incontriamo numerosi professionisti e scuole che propongono una formazione astrologica adeguata. Merita una menzione la Scuola Apotelèsma, diretta da Lucia Bellizia, autrice di numerosi seminari e studi specialistici. Lucia rappresenta oggi un punto di riferimento in Italia per la traduzione e il commento dei testi astrologici antichi, oltre che per lo studio delle fonti. Nei suoi seminari è possibile reperire informazioni di grande valore. Cito anche  l’Accademia per l’Astrologia Tradizionale di Giancarlo Ufficiale e Fabrizio Corrias (e tanti altri docenti esperti) che fornisce un percorso importante di studio dell’Astrologia.

    Cito anche i miei percorsi che non appartengono tuttavia ad una Scuola ma sono piuttosto gruppi di esperienza: ciclicamente ho portato avanti, anche in collaborazione con altri studiosi e professionisti, diversi gruppi di studio dove ci siamo cimentati, in percorsi dialettici e di confronto, nello studio delle fonti e nello studio dei metodi proposti dagli autori stessi della tradizione: in particolare punto in questi percorsi nello studio di insieme della natività valorizzando i concetti di pianeti angolari, studio del Signore della Genitura, valorizzazione del temperamento prevalente, studio dell’animo, della mente e delle opere, proponendo confronti ed esperienze pratiche, partendo da principi tradizionali e trattando con questi gruppi i complessi capitoli delle dottrine essenziali e accidentali, vere cartine tornasole del metodo astrologico. Propongo nei miei percorsi una Astrologia che rievoca le fonti che vanno dal XIV al XVII secolo.

    Tuttavia, non è sufficiente “una scuola” per formarsi in Astrologia, ma è necessario adottare un approccio di studio articolato, che comprenda scuole, percorsi, seminari e ricerche autonome. A questo proposito, voglio essere chiaro: nei percorsi accademici e nei corsi strutturati si accede all’esperienza e alla conoscenza dei docenti, il più delle volte preziose e fondamentali. Nello studio dell’Astrologia è imprescindibile comunque anche un’auto-iniziazione che si basa su uno studio costante e rigoroso che può essere motivato solo dallo studente. Personalmente, mi reco spesso in diverse biblioteche di Roma proponendomi di tanto in tanto delle ricerche che stimolano la mia mente e arricchiscono la mia preparazione, consulto testi antichi e cerco di comprenderli in autonomia, acquisto ricerche filologiche per meglio comprendere il pensiero degli autori della letteratura astrologica antica.

    Quindi oggi esistono autorevoli percorsi di formazione ma è anche necessaria una certa predisposizione e disponibilità allo studio e alla ricerca perché il corso di astrologia o una scuola astrologica può darti l’indirizzo e la traccia, le basi fondamentali, ma poi è lo studente in prima persona a doversi arricchire attraverso esperienza e studio costante.

    Ma che cos’è un astrologo oggi? Un maestro spirituale, uno psicologo che studia l’anima attraverso gli influssi delle stelle, un motivatore che aiuta il suo pubblico ad allenare la personalità servendosi delle prescrizioni astrali?

    Definirei l’Astrologo come quella figura mediatrice, che ha lo scopo di interpretare il cielo e le cose terrene, proponendo attraverso le sue metodologie, lo studio della personalità e del progetto di vita di ognuno, secondo i principi naturali che sono propri dell’astrologia.

    Un astrologo può avere delle simpatie o delle antipatie nel novero dei segni zodiacali?

    Sarebbe del tutto irrazionale attribuire simpatie o antipatie ai segni zodiacali, poiché essi sono entità immateriali, prive di luce e di significato se separati dal sistema e dal metodo astrologico. Considerare i segni in modo isolato, senza il contesto astrologico, rientra piuttosto in un approccio pop, più vicino all’intrattenimento che a una reale comprensione della disciplina. Nell’Astrologia, il vero fulcro sono i pianeti (e il loro comportamento), poiché essi possiedono materia e luce. Questo spiega perché il modello astrologico tradizionale si basi principalmente sui corpi celesti osservabili a occhio nudo: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno, ai quali si aggiungono le due luci più evidenti, denominate Clarissima Mundi: il Sole e la Luna.

    Che valore ha veramente la previsione astrologica per la vita di una persona?

    L’Astrologia ha un valore di indicazione e orientamento, non di fato. Il suo determinismo non implica la capacità di prevedere con esattezza ciò che accadrà, ma piuttosto di individuare un’inclinazione di base, una tendenza naturale. Nascere con determinate luci posizionate in un certo modo nel cielo locale, in un preciso momento stagionale, significa venire al mondo in un ecosistema celeste, ambientale e terrestre che inevitabilmente plasma, permea o accompagna il nostro sviluppo. Questo influsso si riflette nei nostri moti razionali, passionali e pulsionali, caratterizzando il nostro modo di sentire, percepire, pensare e comunicare. Queste inclinazioni contribuiscono alla formazione della personalità, e il nostro divenire è il risultato dell’interazione tra la Natura e le Qualità Naturali che si muovono dentro di noi.

    L’Astrologia comunque non si limita a indicare semplici predisposizioni, ma aiuta a comprendere le cause profonde del nostro essere e del nostro agire. Queste inclinazioni naturali influenzano anche la nostra capacità di realizzare certe cose piuttosto che altre, orientando il nostro percorso di vita. Ecco perché la previsione astrologica non deriva da veggenza, capacità medianiche o poteri soprannaturali, ma si basa su un metodo dotato di una logica naturale. 

    Quali sono gli astrologi del passato e del presente che consideri tuoi modelli?  Degli astrologi attuali di chi sei amico o chi segui con particolare attenzione e interesse?

    Sento particolarmente vicini a me astrologi come Giovanni Pontano, Cardano, William Lilly, Ranzovius e Guido Bonatti, insieme a molti altri che hanno operato tra la fine del Medioevo e il periodo rinascimentale, con un focus particolare sugli studiosi attivi tra il XV e il XVII secolo. Trovo questo periodo storico estremamente affascinante perché l’approccio astrologico non è più rigidamente tolemaico, pur ispirandosi da esso, ma si arricchisce di dottrine affini e complementari, come l’Umanesimo e il Naturalismo rinascimentali. In questo contesto, l’Astrologia si configura non solo come un sistema di calcolo basato su logica naturale, matematica e osservazione astronomica, ma anche come una disciplina che accoglie digressioni naturalistiche e speculazioni filosofiche, rendendo il metodo astrologico un vero e proprio strumento di indagine della realtà. In questo quadro, l’Astrologia diventa qualcosa di più di una semplice tecnica predittiva: è un metodo di comprensione dei fenomeni naturali e celesti, una chiave per interpretare le relazioni tra macrocosmo e microcosmo. Ed è proprio questa prospettiva, che coniuga rigore scientifico e visione cosmologica, a farmi percepire l’Astrologia rinascimentale come una sorta di “vera magia della creazione”, in cui la conoscenza umana si eleva a strumento di decifrazione del linguaggio dell’universo.

  • 20 gennaio 2025: inizia il Trump II

    20 gennaio 2025: inizia il Trump II

    “The golden age of America begins right now”, così Donald Trump ha iniziato il suo discorso di insediamento quando è diventato ufficialmente il 47esimo Presidente degli Stati Uniti. “La nostra priorità sarà quella di creare una nazione che sia fiera, prospera e libera”, ha continuato il Tycoon per poi affermare: “sono stato salvato da Dio per rendere l’America di nuovo grande”
    (riferendosi al tentato omicidio in Pennsylvania).

    Matteo Boschetti

    Leggi di più al link https://madmagz.app/viewer/67673b322f8f6e0014c8c2da

  • Processo Open Arms: la vittoria di Salvini

    Processo Open Arms: la vittoria di Salvini

    Una sentenza arrivata dopo più di cinque anni, che scagiona il Vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, all’epoca dei fatti ministro dell’Interno. Accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, l’attuale ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti è stato prosciolto per effetto della sentenza di Palermo dello scorso 20 dicembre. Secondo il Giudice semplicemente il fatto non sussiste: questa la conclusione del processo Open Arms, che ha portato in aula una vicenda consumatasi al largo di Lampedusa nell’agosto 2019.

    Andrea Rizzatello

    Leggi di più al link https://madmagz.app/viewer/67673b322f8f6e0014c8c2da

  • Il Futurismo senza il futurismo

    Il Futurismo senza il futurismo

    Infinite sono state le critiche piovute sulla mostra Il tempo del Futurismo alla GNAMC di Roma,
    inaugurata il 2 dicembre scorso per celebrare l’80esimo anniversario della morte del suo fondatore
    Marinetti che, con molta probabilità ha preso a rivoltarsi nella tomba con una velocità (a lui tanto cara e tanto oggi dimenticata ) ributtante.
    Trecentocinquanta le opere, sparpagliate.
    Quadri.
    Sculture.
    Disegni.
    Progetti.
    Oggetti d’arredo.
    Film.
    Oltre cento i libri e i manifesti che si installano tra il silenzio e il buio per glorificare vanamente il lontano concetto di modernità marinettiano con un idrovolante, automobili, motociclette e strumenti scientifici d’epoca.

    Claudia Dell’Era

    Leggi di più al link https://madmagz.app/viewer/67673b322f8f6e0014c8c2da

  • Ritorno alla forma: HERE

    Ritorno alla forma: HERE

    La storia di un angolo del pianeta Terra dalla preistoria ai giorni nostri: landa attraversata dai grandi rettili, radura abitata dai Nativi Americani, teatro della Guerra di Indipendenza; infine una casa abitata in diverse epoche da quattro diverse famiglie; più di tutto, la storia della famiglia Young, le gioie e tribolazioni di una famiglia come tante.

    C’è stato un tempo in cui un film di Robert Zemeckis prometteva un immediato impatto sull’industria del cinema e sui suoi linguaggi. Pare ormai lontana l’epoca in cui il regista di Ritorno al Futuro, di Forrest Gump e di Cast Away poteva permettersi di cambiare il volto del cinema a piacimento, che ciò fosse grazie alla vertigine tecnica di Contact o semplicemente filmando Tom Hanks su un’isola deserta.

    Dopo un decennio trascorso nel deserto digitale (da Polar Express a A Christmas Carol, passando per la follia di Beowulf), Zemeckis ha trascorso anni difficili, barcamenandosi tra il classicismo di Flight e le tristi operazioni di mestiere de Le Streghe e Pinocchio; nel mezzo il poetico The Walk e l’atipico Benvenuti a Marwen, ponte impossibile tra psicodramma irrisolto e volo della tecnica, sempre tastando il polso della narrazione popolare e delle sue convenzioni.

    Fabio Cassano

    Leggi di più al link https://madmagz.app/viewer/67673b322f8f6e0014c8c2da

  • La Top Five sportiva di gennaio

    La Top Five sportiva di gennaio

    Gennaio 2025 è stato un mese ricco di sorprese e momenti da ricordare, con il mondo dello sport che ha offerto spettacolo ed emozioni intense. Dalle grandi vittorie alle sfide decisive, ecco le cinque imprese sportive che hanno catturato l’attenzione degli appassionati:

    1.Supercoppa Italiana: il Milan trionfa sull’Inter!

    Un Derby della Madonnina che ha fatto tremare il cuore di tutti i tifosi in una finale emozionante e ricca di colpi di scena, il Milan ha battuto l’Inter 3-2, conquistando la Supercoppa Italiana al termine di una partita dal ritmo vertiginoso.

    I rossoneri hanno dimostrato grande carattere, resistendo alla spinta nerazzurra e imponendosi con un gol decisivo nel finale. Una vittoria ancora più significativa per il Milan, considerando il recente arrivo del nuovo tecnico, Sergio Conceiçao, che ha avuto appena una settimana di tempo per preparare questa partita cruciale. 

    2.Finale di Kings League World Cup Nations League: 

    Il 12 Gennaio, Torino è stata la sede della finale della Coppa del Mondo dei Re, una competizione internazionale di calcio a 7 ideata dall’ex calciatore Gerard Piqué, che vede riunirsi 16 squadre nazionali, composte da celebri streamer e content creator. 

    In questa ultima sfida si sono affrontate Colombia e Brasile.

    La giornata è iniziata con uno spettacolo immerso, “The Path to Glory” che ha celebrato lo spirito della Kings League, con una performance di Mahmood. La serata si è conclusa con l’inaugurazione del trofeo e la cerimonia di premiazione, con il Brasile che ha vinto il titolo. L’evento ha raggiunto un record di ascolti con un pubblico medio di 3 milioni di dispositivi e picchi di 6 milioni di spettatori, segnando il massimo successo della Kings League.

    Elisa Carvelli

    Leggi di più al link https://madmagz.app/viewer/67673b322f8f6e0014c8c2da

  • Un Cappuccino in libreria

    Un Cappuccino in libreria

    Il giardino dei Finzi-Contini – Giorgio Bassani, 1962

    Delicato e al tempo stesso profondo come solo un ricordo può essere lascia in bocca il rimpianto e l’amarezza dell’irrecuperabile, di ciò che si è per sempre perduto e che, proprio per questo, è più prezioso.

    Così si presenta anche al lettore più esigente e smaliziato il capolavoro bellissimo di Giorgio Bassani (1916-2000) – conosciuto anche per la trasposizione cinematografica, mai condivisa in realtà dallo scrittore, che nel 1970 ne fece il grande Vittorio De Sica – inno alla giovinezza e all’amore perduto ed affresco di un’epoca fosca, è vero, ma che nei ricordi dell’autore assume comunque i contorni sfumati di un sogno.

    Vittoria Caiazza

    Leggi di più al link https://madmagz.app/viewer/67673b322f8f6e0014c8c2da

  • Buzzy Lao –  Black Karma (Bunya Records/Believe)

    Buzzy Lao –  Black Karma (Bunya Records/Believe)

    Il blues è la strada, che può condurti, guidarti, anche verso i sud del mondo. Il meridiano e il parallelo, che uniscono Palermo a Parigi. Buzzy Lao, alterego di Angelo Salerno, ha esigenze, in questo nuovo progetto, quasi arabesche, “desertiche”; esprime devozione a mama Africa, nello stile e nel refrain, “urla” la sua anima. L’apertura, Black, demanda a un intro evocativo, celebrativo, l’esplosione nella Karma-anima. Fiamma ribelle, ritmata, esaustiva e suadente, potente e netta: è la cifra artistica di Salerno, che coniuga ritmi mediterranei a una voglia di tribal dipinto come un mantra o una preghiera.

    Sergio Cimmino

    Leggi di più al link https://madmagz.app/viewer/67673b322f8f6e0014c8c2da

  • David Lynch, al termine della notte

    David Lynch, al termine della notte

    Iniziamo dal principio, ovvero dalla fine.

    Dale Cooper ha ritrovato Laura Palmer, o forse una delle infinite Laura possibili; crede di averla finalmente salvata da un delitto ineludibile, ma si sbaglia. Sbagliato non è il luogo, bensì il tempo; l’urlo di Laura graffia la notte, il padre Leland la chiama disperato.

    Così David Lynch ci accomiatava dall’epopea fantastica di Twin Peaks, cambiando come già un tempo la fiction televisiva per come il mondo l’ha sempre intesa, rifiutando di darci e darsi risposte: non ne ha la vita, figuriamoci l’arte.

    Fuori, nel nostro mondo, Hollywood brucia.

    Lynch non è mai stato un regista comune: lo sapeva bene Kubrick, che alle mille torture inflitte agli attori di Shining aggiungeva la visione ripetuta di Eraserhead; lo sapeva Lucas, che sulla scorta di quel capolavoro giovanile sperava di affidargli Il Ritorno dello Jedi; lo sapeva De Laurentiis, che per farsi perdonare lo scempio produttivo di Dune gli produsse il personalissimo Velluto Blu; lo sapeva anche Mel Brooks, che ai due migliori David del decennio (lui e Cronenberg) aveva affidato rispettivamente The Elephant Man e La Mosca (tacendo il proprio nome, ché a nessuno venisse in mente di ridere); ambedue melodrammi sulla mostruosità, dolenti e violenti senza alibi; John Merrick piange e sorride sotto il peso della sua deformità, raccoglie tutta la vita e il poco amore che trova, ma al vivere da mostro preferisce morire da uomo.

    Fabio Cassano

    Leggi di più al link https://madmagz.app/viewer/67673b322f8f6e0014c8c2da