Marco Massai, il giovane in giallo premiato a Cattolica
Sabato 28 giugno, alla libreria Ubik di Cattolica, a quattro passi dal mare, si è tenuta la proclamazione del vincitore del Gran Giallo Città di Cattolica, blasonato concorso per giallisti ideato da Enzo Tortora nei primi anni ‘70. Fra i dieci finalisti, Marco Phillip Massai, autore ravennate nato a Columbus, Mississippi (suo padre era ufficiale pilota dell’Aeronautica militare) nel 1983. Marco, da tutti detto il giovane Massai, ha vinto la competizione anche se, pochi minuti prima dell’inizio della chiamata dei finalisti, aveva detto di non credere di aver vinto. La cerimonia si è articolata con la chiamata dei finalisti, uno a uno, dal decimo posto ai primi due, e hanno presenziato Franco Forte, Carlo Lucarelli, Piergiorgio Nicolazzini, Gabriella Genisi e Barbara Perna, membri della supergiuria che ha stabilito la graduatoria finale (mancavano all’appello Barbara Baraldi e Massimo Carlotto). Adesso, però, focalizziamoci su Marco, il giovane Massai.
Marco, parlami del tuo percorso di scrittore, dagli esordi fino alla vittoria del Gran Giallo Città di Cattolica.
È un viaggio partito da lontano: la scrittura è sempre stata parte della mia vita, prima da lettore poi da imitatore degli autori che leggevo. Il primo racconto scritto davvero “per gli altri” è del 2011: ero deciso a mettermi alla prova e ho partecipato alla selezione per una delle antologie 365 della Delos in cui ogni microracconto è per un giorno dell’anno. Andò bene, e così ho iniziato a frequentare forum, seguire corsi, workshop e scrivere racconti sempre più lunghi, fino a partecipare a selezioni e concorsi per pubblicare sul Giallo Mondadori. In appendice ai romanzi dei Grandi. Il primo racconto fu “Datteri, seta e polvere nera”, uscito nel 2012 insieme a un romanzo dello scrittore statunitense Rufus King. Poi ne sono seguiti altri, come la serie di racconti che hanno per protagonista Giaco da Pietrasanta, il pittore furfante e donnaiolo che quest’anno ha vinto a Cattolica. È stato un percorso lungo, con una pausa nel mezzo dato che per sette soffertissimi anni mi sono congelato e non ho scritto niente. Poi l’anno scorso è partito il microonde, così, apparentemente dal nulla, e al “DING” ho deciso di scrivere un nuovo racconto, per il Gran Giallo. Finale, secondo posto, e dentro di me è ripartito tutto: ho spazzolato via la ruggine e ho deciso di riprovare. Mi sono fatto aiutare da quel vecchio amico, Giaco, che sa farmi sentire a mio agio con la tastiera.
Come ti sei sentito quando hai vinto il Gran Giallo?
Svuotato e felice. Perché svuotato? Ero un tantinino teso, pensa che il mio vicino di posto durante la premiazione a un certo punto mi ha messo una mano sul ginocchio e mi ha detto: “Non preoccuparti, sono medico, nel caso so fare la rianimazione”. Ci hanno fatto sudare, eh, chiamando i finalisti dal decimo al primo e tenendo sulle spine fino alla fine me e Dimitri Favre (che è arrivato secondo con un racconto spettacolare intitolato “Il giorno in cui la musica morì”). Poi appena ho vinto mi si sono accavallati i neuroni, non ricordo cosa mi abbiano chiesto né cosa ho risposto, pensavo solo: “Devo telefonare a Martino, devo dirlo a
Martino”. Martino è mio figlio, ha quasi cinque anni ed è la vera ragione per cui ho ricominciato a scrivere e a sognare.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Eh, i progetti futuri. Negli anni ho accumulato nel cassetto una caterva di cartacce, bigliettini, idee, personaggi… e adesso li lascio uscire tutti. Il prossimo passo sarà un romanzo che ho scritto nel 2016, prima del “Congelatore”, ed è in calendario per fine anno nella collana Narrativa di Santelli Editore. Poi dovrebbe uscire, nel 2026, un fantasy per Acheron Books. Storie ambientate tutte nella mia Ravenna, qualche secolo fa. Poi chissà: ho tanti altri progetti in sviluppo, vedremo cosa piacerà agli editori e cosa invece resterà nel cassetto. L’importante credo sia non smettere mai di coltivare i propri sogni.
Kenji Albani
Leggi anche al link https://madmagz.app/viewer/684aa2299a7f940014ef37a7
