musica

Fanali – “Nun me scetà” Fanali plays Sergio Bruni e Roberto Murolo (Phonotype Records)

A raccontare – a narrare – la città di Napoli, con i suoi vicoli, e le sue ombre in chiaroscuro, da secoli e secoli ci pensa la canzone napoletana, il cui mito e la cui tradizione sono perpetuate e ravvivate da generazioni di maestri: solo per restare al Novecento, si va dagli ultimi eredi degli chansonnier dell’epoca classica, Ernesto e Roberto Murolo, autori di melodie da antologia, fino alle rivoluzionarie incursioni vocali di Sergio Bruni, lo spartiacque. Tra memorie, ricordi e anniversari (vent’anni dalla scomparsa di Murolo), il progetto di Fanali, ovvero Michele De Finis, Caterina Bianco e Jonathan Maurano, dedicato a brani di Bruni e Murolo, appare come un viaggio minimalista, tra echi, elettronica e tappeti sonori cinematografici, che scardina orpelli e arie in maniera sana, ma evocativa, e restituisce, nella fase dell’arrangiamento, un lavoro profondo, intimista, ma sempre provvisto della giusta dose di omaggio. Il duo dei brani di entrata, la title track Nun me scetà e Voce ‘e Notte, non vengono decostruiti ma rimangono sorprendentemente affascinanti nella voce della Bianco. Asciugati di un contorno musicale agée, restano integri nel loro elettro-minimalismo; la stessa sobrietà che emerge anche in ‘Na Bruna, brano affidato a Roberto Colella che garantisce un maggiore spessore vocale, e poetico, e un approccio “filmico”. Indifferentemente, tra i pezzi cult di Sergio Bruni (e tra i più reinterpretati), diventa un elettro-blues rock, profondo, cadenzato, che non muore nella sua nuova vita, ma mantiene il suo aspetto malinconico. Narrazione, cantato e tracce quasi strumentali: lungo questo perimetro il disco si muove e semina, come si vede in Canzone Doce e Amaro è ‘o Bene con la voce di Altea, che regala una chiave quasi urban, femminile e suadente. L’integrità sonora e la linearità del progetto “Nu me scetà . Fanali plays Sergio Bruni”, sorprendono: per il percorso pre-scelto delle tracce, per l’efficace vena evocativa, tra elettronica e campionamenti minimalisti, e per il focus autoriale dei brani, mai decontestualizzati, ma ricostruiti in base a una scelta caratterizzante di lavoro compositivo e di immagine. L’album elabora un tracciato post-rock da saggiare dal punto di vista visivo e anche concettuale.

Sergio Cimmino

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